Odio, fake news e il mare magnum della comunicazione italiana: nell’intervista a Vera Gheno e Bruno Mastroianni è emerso tutto quello che stiamo vivendo oggi nel web e nei social media. E quanto sia importante oggi curare la nostra Rete.
In previsione della presentazione di “Tienilo acceso. Posta, commenta, condividi senza spegnere il cervello”, prevista il 24 gennaio a Bologna, abbiamo scambiato due chiacchiere con i due autori, Vera Gheno e Bruno Mastroianni.
Sociolinguista specializzata in comunicazione digitale, Vera Gheno collabora con l’Accademia della Crusca dal 2000 e dal 2012 ne gestisce l’account Twitter. Bruno Mastroianni, giornalista e filosofo, è consulente per i social media di alcune trasmissioni di Rai1 e di Rai3. Tiene inoltre corsi sull’etica della comunicazione digitale per aziende e organizzazioni non profit e in corsi e master di vari atenei italiani.
“Oggi la comunicazione sul web appare avvelenata dal bullismo, dalle notizie false e dai continui conflitti. Ci sentiamo intrappolati dall’odio, dalla paura e dalla diffidenza. La verità è che siamo diventati iperconnessi, viviamo contemporaneamente offline e online ed è una condizione complessa, che occorre imparare a gestire”: questa una brevissima sinossi di quanto in “Tienilo acceso” possiamo trovare. Un invito, certo, ma anche una rotta segnata da questi due esperti per vivere in modo finalmente libero le ricchezze che il web e i social ci offrono. Ecco l’intervista.
I social media sono nati per condividere, ma sembra quasi che l’odio sia un motore più forte di qualsiasi altra passione o interesse. È possibile modificare questa tendenza?
Vera Gheno e Bruno Mastroianni – Il punto chiave è proprio il “sembra”: l’odio fa molto più rumore delle interazioni di tono normale, anche se numericamente non è così prevalente, un po’ come succede per il tifo negli stadi (di cui si parla quasi solo quando occorre parlare degli hooligan). In ogni caso, la tendenza a “lasciarsi andare” in rete a dichiarazioni violente, inopportune, istintive si può contrastare in un modo che è alla portata di tutti, con un piccolo sforzo: riflettendo un secondo di più su quello che stiamo per rilasciare in rete, nero su bianco, a imperitura memoria.
E poi c’è il fatto che definiamo odio troppo facilmente qualsiasi interazione che giudichiamo inadeguata.
È vero a volte è odio, ma molto più frequentemente è dissenso espresso in modo scomposto. Quel dissenso, che è la manifestazione di una differenza (di sensibilità, di cultura, di competenza), va preso sul serio. In esso c’è il disagio reale delle persone. La rete lo sta portando a galla. Ci si può girare dall’altra parte e rifiutarlo, ma così si lascia solo il campo a chi quel disagio lo sa trasformare in consenso.
Le parole possono costruire o distruggere relazioni, così come creare o meno consenso verso persone o idee. In questo contesto, che differenza c’è tra un politico e un influencer?
Vera Gheno e Bruno Mastroianni – Tra un politico, un influencer ma anche un semplice utente della rete la differenza più grande sta nella dimensione del suo circolo, vizioso o virtuoso che sia. Il fatto di avere una cerchia ristretta, tuttavia, non ci toglie la potenza di poter influire su quella cerchia, e questa è forse la questione principale da tenere a mente.
Dopodiché, certo, andrebbe affrontata la questione delle finalità della propria comunicazione, che mi sembra molto più rilevante dell’etichetta di politico o di influencer. Quello però che vale sempre è che i rapporti di vicinanza sono sempre quelli più rilevanti: anche in uno scenario con fortissime manipolazioni dall’alto e con potenti mezzi, le piccole cerchie, i gruppi, le famiglie, i contatti diretti hanno un peso maggiore nella vita delle persone.
Curare molto bene la propria “piccola e vicina” rete può cambiare il mondo. Pensare che è tutto più grande o lontano è il modo per rimanere inerti e immobili.
Vera, dal 2012 ti occupi anche della gestione del profilo Twitter dell’Accademia della Crusca: qual è lo stato dell’arte dell’italiano? E in che misura i social hanno modificato il nostro modo di esprimerci?
Vera Gheno – L’italiano è rimasto immobile per molti secoli, fondamentalmente perché fino agli anni Sessanta non è stato la lingua parlata dalle persone. Negli ultimi sessant’anni è quindi stato sottoposto a cambiamenti che in altre lingue sono avvenuti gradualmente nel corso di un tempo molto più lungo. Questo ci ha resi molto sensibili nei confronti dei cambiamenti linguistici, che pure sono in larga parte naturali.
I social, per me, hanno soprattutto reso visibili usi e registri della nostra lingua che non eravamo abituati a vedere così esplicitamente per iscritto.
Penso, per esempio, alla grande quantità di incertezze ortografiche o sintattiche delle quali i “grammarnazi” vanno quasi a caccia (magari esponendo poi chi ha fatto l’errore a pubblico ludibrio): non sono causate dai social, ma non le abbiamo mai potute vedere in maniera così massiccia prima d’ora. Poi, certo, i social hanno introdotto delle particolarità linguistiche specifiche (come le cosidette tachigrafie o “scritture veloci”, o emoticon ed emoji), ma alla fine questi usi sono tutto sommato più folkloristici che realmente rilevanti, da un punto di vista linguistico (e anche statistico).
Bruno, tra le tue consulenze c’è anche quella per la RAI, forse tra le presenze social più “bersagliate” online. È corretto dire che c’è ormai il gusto della “polemica gratuita”? E qual è il confine con la critica?
Bruno Mastroianni – È vero, online ciascuno si sente in diritto di dire tutto quello che gli passa per la testa. A essere bersagliati sono soprattuto gli interlocutori più in vista. Alcuni se ne preoccupano eccessivamente anche perché erano abituati allo scenario precedente in cui media, tv e istituzioni potevano difendersi dietro la loro “distanza” dal pubblico. Ora quella distanza si è assottigliata. Dal mio punto di vista è una grande occasione: per il pubblico perché può imparare sempre meglio a usare il suo potere di comunicazione per dire la propria e per dissentire in modo efficace; per le istituzioni e i media perché è la possibilità di dare prova della propria autorevolezza e del proprio lavoro (se ben fatto).
Diventa invece una perdita se il pubblico si limita a vomitare reazioni scomposte (cioè dissenso inefficace) e se le istituzioni si trincerano dietro la nostalgia per un dibattito “più degno” che spesso significa pretendere di controllare chi può parlare e chi no. Quando questo accade, ai manipolatori basta poco per approfittare di questi vuoti di discussione per trasformare la pancia scomposta in consenso facile.
Le istituzioni e i media dovrebbero presidiare e prendere sul serio il più possibile le discussioni in rete.
“Comunicatore dell’anno 2018” è stato Paolo Iabichino, che parla di un nuovo umanesimo, invitando le marche a schierarsi… “e guai a piacere a tutti”! Condividete questo messaggio? E soprattutto: ci si può schierare senza scontrarsi?
Vera Gheno – Io negli ultimi anni ho imparato che ancora adesso il modo più rilevante per fare conoscere sé stessi e il proprio lavoro è proprio il passaparola (sia in positivo che in negativo: è vero che non si può piacere a tutti!). In questo senso, al di là dei tecnicismi del marketing o delle tecnologie, penso che occorra tornare all’idea che la rete, alla fine, è composta da noi, persone, in relazione reciproca. Anche questo, credo, è definibile una specie di “nuovo umanesimo”: il ritorno alla centralità delle persone.
Bruno Mastroianni – Sono molto d’accordo con l’impossibilità di piacere a tutti. Il mito della comunicazione che mette tutti d’accordo è tramontato – per fortuna – proprio con la rete che ha dato voce a tutti. Quando parlavano solo alcuni c’era l’illusione di piacere a tutti perché si incontrava il consenso solo di quelli che avevano voce. Sullo schierarsi funziona allo stesso modo: tutti siamo schierati e la rete non è altro che una enorme distesa di schieramenti che si scontrano ognuno dicendo “sono dalla parte giusta”.
Come se ne esce? Facendo l’altro movimento che è collegato con lo schierarsi: essere disposti a mettere alla prova la propria posizione davanti agli altri, che è la capacità di discutere. Nel mondo plurale iperconnesso comunicare è soprattutto capacità di farsi capire da chi non è d’accordo. Se ci riusciamo siamo pronti a vivere nell’epoca della disputa generalizzata online. Se no ci dobbiamo accontentare di piccole cerchie omogenee e affini.
“Tienilo acceso”: ci vediamo il 24 gennaio a Bologna!
L’evento è previsto per Giovedì 24 gennaio 2019 dalle ore 18:30 alle 20:30. In seguito alle numerose adesioni già pervenute abbiamo deciso di spostare l’incontro negli spazi di Baumhaus, network di laboratori di formazione culturale a pochi passi dalla sede dell’agenzia. Appuntamento quindi a Baumhaus, in via Sebastiano Serlio 25/2, all’interno del Parco del Dopolavoro Ferroviario di Bologna (al piano superiore del bar Kinotto).