Influencer marketing in crescita esponenziale. Ma qual è lo stato dell’arte dell’influencer marketing? Quale futuro? Quali i guadagni? Ne parliamo con 4 influencer: Lucia Del Pasqua, Elisa D’Ospina, Gianluca Fazio e Manuela Vitulli.
Da un recente osservatorio attivato da Ied Milano con Akqa, il 64% delle aziende in Italia ha attivato operazioni di influencer marketing nel 2018. Di questi, il 79% prevede un incremento di risorse e investimenti per il prossimo anno. Iniziato come un fenomeno sociale dieci anni fa, oggi è una vera e propria strategia regolamentata nelle attività di marketing. Abbiamo deciso di fare un punto della situazione, guardando l’influencer marketing da un privilegiato punto di vista: quello degli influencer! Ne abbiamo parlato con:
- Lucia Del Pasqua, giornalista, fashion blogger, autrice di The Fashion Politan
- Elisa D’Ospina, top model internazionale del mondo curvy, opinionista e conduttrice tv, web editor per Leonardo.it e Vogue.it, autrice del libro “Una vita tutta curve”
- Gianluca Fazio, digital content creator, fotografo e influencer, autore di The Rerum Natura
- Manuela Vitulli, travel blogger, influencer ed instagrammer, web content editor per portali e magazine, autrice di Pensieri in viaggio
Qual è oggi secondo te la definizione di “Influencer Marketing”?
Lucia Del Pasqua: È un tipo di marketing che non si basa tanto sul prodotto o l’esperienza, quanto sulle persone che la raccontano. Le persone in questione sono gli influencer, ovvero coloro che hanno un’influenza sulla comunità, un’autorevolezza, che sono in grado di spostare l’attenzione su un determinato argomento (leggasi prodotto e/o esperienza) e in certi casi condizionare il processo d’acquisto. Gli influencer sono ben diversi dai testimonial.
Elisa D’Ospina: L’influencer marketing è un veicolo di promozione del prodotto o servizio veicolato tramite personaggi che possono influenzare l’opinione pubblica.
Gianluca Fazio: L’attuale definizione di “influencer marketing” penso che inizi sempre di più a differenziarsi dalla sua definizione iniziale, che volendo poteva essere riassunta nella capacità di un personaggio particolarmente credibile in una cerchia di persone di influenzare il comportamento d’acquisto. Questa definizione poteva andar bene agli albori dell’influencer marketing, ma adesso risulta riduttiva, se non errata. Attualmente l’influencer marketing ritengo che sia una strategia comunicativa orientata all’avvicinare un’azienda a un’utenza mediante la creazione di contenuti che possano essere d’interesse rilevante per entrambe le parti. Non è più solo un fenomeno top-down, da influencer a pubblico, ma è un continuo alternarsi tra top-down e bottom-up.
Manuela Vitulli: Bella domanda! Per me oggi l’influencer marketing dovrebbe (e sottolineo dovrebbe) indicare un marketing basato sullo storytelling di una persona “comune” ma al tempo stesso molto popolare, influente su potenziali clienti.
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E se dovessi spiegare l’influencer marketing a un amabile vecchietto?
Lucia: Nonno, hai presente la réclame? Ecco, è più o meno la réclame ma non va in tv, principalmente è sul telefonino. I protagonisti non sono cantanti o attori famosi, ma gente abbastanza comune e non necessariamente bella e dannata. Premettendo che tua nipote è la ragazza più bella del mondo, in quanto persona “normale” lei potrebbe essere un’influencer perfetta per promuovere nel suo telefonino caffè e deodoranti. Che ne so, la Borotalco le dà un prodotto, lei lo fotografa, lo mette “sul suo telefonino” e poi da lì lo possono vedere tantissime persone. Ma la lezione su Instagram te la faccio un’altra volta, eh.
Elisa: Caro nonno, noi diamo questo bicchiere con un disegno in particolare a una persona che è famosa in un settore e facciamo in modo che questo bicchiere piaccia a più persone possibili così che lo possano comprare.
Gianluca: Se dovessi spiegare l’influencer marketing a un amabile vecchietto, gli farei un esempio che penso conosca bene anche lui: esattamente come lui verosimilmente è portato a fidarsi maggiormente di consigli di persone fidate, anche noi facciamo la stessa cosa. Solo che lui lo fa con persone che conosce dal vivo e noi con persone che conosciamo su internet. Aggiungerei che, proprio come lui si fida di più dei consigli dopo aver visto esempi concreti, anche noi realizziamo dei contenuti che sono ciò che vogliamo mostrare a chi ci segue per mostrare che il nostro suggerimento è autentico. E se non lo è, si capisce in un attimo.
Manuela: Gli direi che è un modo per promuovere un prodotto o un servizio attraverso persone molto conosciute. Magari i nipotini sapranno spiegargli meglio di cosa si tratta, se non si sono già lanciati nell’influencer marketing! 🙂
Cosa rende una persona… “influencer”?
Lucia: La credibilità, l’autorevolezza, il carisma, il modo di raccontare, ed ebbene sì, anche il numero di followers (parlo di followers di professione).
Elisa: L’autenticità e la passione che ha per il suo lavoro.
Gianluca: Per essere “influencer” penso che servano molte capacità, alcune innate e altre frutto di studio. Nel tipo di influencer marketing di cui mi occupo io, ovvero quello fotografico che si avvale di Instagram come mezzo di trasmissione, serve esprimersi bene, relazionarsi bene, creare contenuti di buona qualità e sufficientemente approfonditi. Il mio modo di essere influencer non riguarda me come persona ma i contenuti che produco.
Manuela: Ci sono varie caratteristiche che rendono una persona INFLUENCER. Innanzitutto non deve dirselo da solo! Per me l’influencer non è colui che dice “sono un influencer” o che, peggio ancora, lo scrive nella sua bio di Instagram. Un influencer è fondamentalmente un content creator – talvolta anche blogger o youtuber – che crea contenuti per dei brand. Sarà la sua community a definirlo influencer. Da qui l’importanza della community, ovvero di un ampio pubblico fidelizzato che segue costantemente l’influencer. E questa è la vera forza di un influencer: una community attiva e fedele (che bisogna far attenzione a non deludere svendendosi per qualsiasi campagna).
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Quante volte ti hanno coinvolto in una campagna di influencer marketing?
Lucia: Mi dovrei preoccupare se non fosse mai successo. Dato che è il mio lavoro accade di frequente.
Elisa: Qualche volta, a molte ho detto di no.
Gianluca: Mi coinvolgono in campagne di influencer marketing ormai da oltre tre anni, indicativamente 3-4 ogni mese, ma dipende dal tipo di collaborazione e dal periodo dell’anno. Mi piace instaurare un rapporto di continuità con le aziende con cui collaboro, quindi spesso tendo a rinunciare a determinate campagne in favore di una continuità con altre aziende.
Manuela: Non riesco a definire il numero con esattezza. Considerando che faccio questo lavoro (seriamente e full time da 4 anni) sono stata coinvolta almeno in 200 campagne di influencer marketing.
Hai avuto mai difficoltà o disagi al riguardo?
Lucia: Tantissimi. Spesso le agenzie o aziende trattano gli influencer tutti allo stesso modo, quando invece sono diversi. Il punto di forza dell’influencer è che è una persona con delle attitudini dichiarate e ben precise, non un testimonial pagato per pubblicizzare carne e pesce a prescindere dalle sue scelte alimentari. Poi: spesso mi chiedono la classica foto marchetta del prodotto da postare sul mio Instagram. Ragazzi, questo concetto è obsoleto da più punti di vista: la persona con in mano uno shampoo non è più credibile, non racconta nulla, e poi il giorno dopo potrebbe tenere in mano un altro shampoo ma di un’altra marca.
Elisa: Sì, a volte ci sono stati degli influencer molto diversi da me o che non avevano a cuore determinate campagne. I numeri non sono tutto.
Gianluca: I disagi e le difficoltà sono sempre in agguato, proprio come per ogni lavoro in cui il fattore umano gioca il ruolo principale. Se dovessi parlare in termini statistici, direi che l’80% delle collaborazioni procede senza intoppi mentre il 20% presenta qualche difficoltà, che può riguardare diverse fasi: il contatto, la realizzazione dei contenuti, o la relazione tra agenzie intermediarie e clienti, anche se devo constatare che la maggior parte delle difficoltà sorge nel momento del pagamento.
Manuela: Mentirei se dicessi di no. In alcune campagne i brand vorrebbero snaturare l’influencer al fine di mostrare bene un logo o un prodotto, senza prendere in considerazione il fatto che la forza di un influencer dovrebbe essere proprio la sua naturalezza. Altre volte ho avuto dei timing assurdi, altre volte ancora ho visto poca professionalità. Ma fortunatamente in molte campagne si privilegia ancora la spontaneità e si asseconda lo stile dell’influencer. Ecco, io mi auguro che quest’anno, in un settore ormai decisamente saturo, si punti sempre più ad uno storytelling spontaneo e mai forzato.
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Quando hai detto “no, questo non lo faccio neanche per tutti i soldi del mondo”?
Lucia: Quando mi hanno proposto prodotti che non sono “miei”, che non mi rappresentano. Non potrei mai rappresentare un’azienda di sigarette elettroniche, per esempio. I miei fan me ne direbbero, giustamente, di ogni. La credibilità è la prima regola. I soldi vengono dopo.
Elisa: Diverse volte e continuo a dire no.
Gianluca: Certo, è capitato. Fortunatamente non spesso, ma mi sono arrivate proposte che ho valutato come poco etiche e ho scartato, facendo notare anche ai promotori di queste campagne i motivi per cui le ritenevo non etiche. A volte sono stato ascoltato, altre no.
Manuela: L’ho detto più volte, quando il servizio/prodotto che avrei dovuto promuovere era anni luce distante dalla mia quotidianità. Non promuoverei mai qualcosa che non rientra nel mio stile di vita. Significherebbe tradire il mio pubblico.
La gente si chiede spesso “Ma quanto guadagna un influencer?”: cosa risponderesti?
Lucia: Se ti compri tutti i fan e arrivi a cifre alte, tanto. Ovviamente truffando. Se sei all’inizio nulla, se non prodotti. Se sei una persona onesta, sveglia e propositiva sì, puoi guadagnare bene. Ricordiamoci che l’infuencer è un free lance, quindi ci sono sempre mesi di magra e altri più proficui. E poi c’è… la partita iva! Ovvero la dannazione.
Elisa: A volte in maniera spropositata e altre troppo poco. Di influencer veri comunque se ne contano sulle dita di una mano.
Gianluca: Come tutti i liberi professionisti, si guadagna bene se si lavora bene, si guadagna tanto se si lavora tanto. Si guadagna poco se si lavora poco, si guadagna male se si lavora male. Ognuno ha un tariffario che decide a propria discrezione in base al valore che decide di attribuirsi e al tipo di campagna proposta, quindi si può guadagnare molto bene facendo poche campagne, ma si può anche guadagnare poco facendo molte campagne. Dipende.
Manuela: Risponderei che i guadagni sono spesso proporzionali alla mole di lavoro. Molti di noi lavorano anche 12-13 ore al giorno. E quando sono in viaggio potrei dire che praticamente smetto di lavorare solo quando dormo. Non è tutta rose e fiori la nostra vita, ma ovviamente sui social mostriamo solo il bello, la vita patinata. Oltretutto ogni influencer ha un proprio seguito, un proprio settore e un proprio regime fiscale. Sono tutte componenti che fanno variare – anche di decine di migliaia di euro – i guadagni.
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Che poi sono gli stessi che chiedono “Come si diventa influencer?”… c’è davvero una formula?
Lucia: Io mi ci sono trovata. Cominciai a scrivere su Internet in tempi non sospetti (allora c’era Splinder), quando tanti mi dicevano “ma che scrivi cose su Internet?”, e poi sono “semplicemente” stata al passo con i tempi, che sono stati sempre più rapidi. Invece che rifiutare le continue innovazioni le ho abbracciate. All’inizio non c’erano strategie, ma solo sentimenti, e io sono stata la prima a fare la cavia su me stessa. Adesso sono una professionista con un background lavorativo importante, e di mestiere racconto storie online. Tornassi indietro rifarei tutto e non andrei a “scuola di influencer”, ma mi focalizzerei su una capacità (fotografica, editoriale, creativa) e svilupperei quella.
Elisa: No, ci vuole anche un po’ di lato B (per essere elegante).
Gianluca: No, non c’è una formula. Del resto, esiste una professione che ha la formula magica? Però è bene sapere che non è un lavoro alla portata di tutti.
Manuela: Me lo chiedono praticamente ogni giorno. E io puntualmente ripeto che non esiste nessuna formula, oltre al fatto che non si diventa influencer dall’oggi al domani grazie a un nutrito numero di K su Instagram. Ci vuole qualcosa da raccontare oltre a una buona dose di costanza ed entusiasmo. I contatti si costruiscono negli anni.
Secondo te qual è il futuro di questa strategia di comunicazione?
Lucia: Spero sempre in una selezione naturale, perché c’è così tanta fuffa da fare schifo e da infangare codesta professione, ma non so se questa mia speranza verrà esaudita un giorno. Il giorno che accadrà, sarebbe uno dei più belli della mia vita.
Elisa: Il declino. Andranno avanti solo coloro che hanno qualcosa da dire e nel frattempo ci sarà qualche altra “moda” nel marketing.
Gianluca: Immagino un futuro in cui evolverà diventando una forma di comunicazione sempre più istantanea, sempre più orientata al video, sempre più tesa verso la realizzazione di contenuti dall’impatto emotivamente stimolante. La mia più grande fonte di studio per comprendere l’evoluzione di questo settore sono i giovanissimi. E non intendo i teenager, intendo proprio i bambini, di cui sono un attento osservatore. Analizzare l’evoluzione del loro modo di comunicare penso possa dare un’immagine abbastanza chiara dell’evoluzione dei modelli comunicativi che verranno implementati in futuro anche nel marketing.
Manuela: Secondo me questo settore si sta già evolvendo e sono certa che qualcosa cambierà a breve. Cambierà il modo di costruire le campagne e cambieranno i social. L’abbiamo visto in questi anni: Facebook sta lentamente morendo, mentre Instagram ha preso il sopravvento. E probabilmente arriverà qualcosa di nuovo a spodestare Instagram. In quel momento tutti coloro che hanno costruito una carriera puntando solo su Instagram dovranno ricominciare da zero. Ecco perché mentre questo settore si evolve, dobbiamo continuamente evolverci anche noi. E io sostengo che resisteranno coloro che hanno qualcosa da raccontare.
E il tuo futuro quale sarà?
Lucia: Continuare a raccontare storie, per me e per le aziende, così come creare progetti digitali che abbiano senso. Combattere la fuffa. Perseverare nella nicchia e allontanarmi dalla massa. Scrivere il secondo libro. Mi vedo anche a gestire una latteria o una bottega con prodotti toscani. Ma questa è un’altra storia.
Elisa: Quello di una donna con i piedi per terra e la testa sempre per aria. Vivo molto alla giornata, ma spero di poter continuare a fare ciò che mi fa svegliare la mattina con il sorriso. Il mio lavoro influenza completamente la mia vita e deve essere sempre fonte di entusiasmo.
Gianluca: Lavorerò a tempo pieno nel settore dell’influencer marketing come content creator cercando d’intercettare le evoluzioni delle forme comunicative. Ho la fortuna di avere anche un piano B, e recentemente sto valutando l’idea di costruirmi un piano C. Poter attuare tutti questi tre piani contemporaneamente, integrandoli, sarebbe per me il massimo della soddisfazione professionale e umana, ma è bene anche essere realisti e muoversi un passo per volta.
Manuela: Per quanto riguarda il mio futuro, sono pronta a cambiare. Sono una persona che cerca continuamente nuove ispirazioni e non sono sicura che questo sarà per sempre il mio settore. D’altronde sono laureata (con pieni voti) in fisioterapia. Reinventarmi non è mai stato un problema.