Se proviamo a delineare la storia del marketing sul web ci ritroviamo a parlare di un settore che vanta una letteratura relativamente ancora scarna ma che ha una connotazione di profondo dinamismo e incessante evoluzione.
Dalle prime attività su motore di ricerca, circa 20 anni fa, a tutto l’ampio ventaglio di piattaforme e strumenti presenti oggi, lo scenario si presenta come complesso e ricco di possibilità per chiunque voglia dare visibilità e sviluppare il proprio business sfruttando internet.
L’aggettivo “complesso” non è affatto casuale: per molti la pubblicità sul web è stata considerata come semplice, come qualcosa da affidare all’amico smanettone con qualche conoscenza di nuove tecnologie e questa percezione distorta, nel tempo, ha creato un mercato con false aspettative e parecchie delusioni soprattutto nel mondo imprenditoriale.
A cosa facciamo riferimento quando parliamo di una certa complessità? Quali sono gli elementi che lo rendono addirittura un settore sfidante?
In prima istanza non possiamo non annoverare la molteplicità, sempre crescente, di piattaforme e metodologie di advertising. Dal vasto mondo di Google Ads al social advertising il ventaglio, oggi, è davvero ampio e richiede formazione e aggiornamento continui. Qualche tempo fa era possibile un approccio alla materia ibrido, con la possibilità di passare da uno strumento a un altro, con estrema semplicità in quanto i meccanismi del PPC permettevano questa viscosità. Oggi questa disciplina richiede un forte investimento in termini di tempo ed energie dedicate allo studio e alla formazione personale.
Alla numerosità di strumenti e opportunità si affianca quella che è sempre stata la bestia nera di questo settore e che ancora fatica a trovare spazio nei team specializzati e nell’approccio individuale ai singoli elementi. Stiamo parlando della web analytics e, più in generale, di una visione analitica integrata con quella strategica e operativa.
Il mondo dei numeri, si sa, è avvolto in una nebulosa che fa paura a molti e che rende chiunque sia capace di leggerli e interpretarli quasi una figura mitologica, e nel marketing digitale questa visione è stata ancora più rafforzata dal curriculum di molti addetti ai lavori: abbiamo da una parte dei tecnici del web, molto attenti a problematiche di codice e ai risvolti tecnologici di queste operazioni, e dall’altra figure professionali di stampo umanistico, con una forte attenzione alla componente marketing e comunicazione di questo settore. Entrambi gli emisferi per lungo tempo hanno dimenticato quanto sia cruciale l’approccio analitico per poter determinare il successo di una strategia di marketing sul web e soprattutto la sua longevità.
Il merito di aver riportato sulla scena la componente analitica è da attribuire per buona parte all’Inbound Marketing e alla sua comparsa tra gli approcci strategici possibili. Fino a qualche tempo fa la programmazione di marketing digitale comprendeva l’uso di un solo canale o di più canali insieme che viaggiavano su binari paralleli.
Da una parte c’era il mondo dei motori di ricerca: la SEO e Google Ads per presidiare un certo numero di parole chiave e dall’altra il mondo del content, inteso come copy e come produzione multimediale, declinato nei social media, nella newsletter, nella GDN e in tutte le reti visuali presenti. La metodologia è principalmente di stampo Outbound per le reti visuali e di ricerca attiva per i motori di ricerca e sembrava che le due possibilità non avessero molto da dirsi.
Il successo di queste attività ha fatto sì che si proseguisse in questo modo per tanto tempo fino a quando l’attenzione dell’utente è diventata sempre più difficile da catturare e le reti, ormai sature, hanno avuto un aumento di costi notevole.
L’Inbound Marketing ha cambiato completamente le regole del gioco: per poter rendere profittevole un business sul web è necessario costruire un percorso che parta dalla domanda latente, stimolando l’interesse di un utente potenzialmente in target, e arrivi alla domanda consapevole, intercettando l’intento di ricerca di un targeting costruito ad hoc nelle fasi precedenti.
In questa costruzione di step sequenziali e intimamente connessi tra di loro la vera star non è solo il contenuto ma è soprattutto l’analisi continua e quasi morbosa dei dati di traffico. Ogni fase del Funnel è possibile solo se la precedente è stata correttamente costruita, analizzata e interpretata.
Nel percorso di acquisto/conversione, oggi, il grande valore è dato alla scalabilità di ogni step e per comprendere il momento giusto in cui si può passare al passaggio successivo, il grado di prontezza del traffico costruito, non è possibile prescindere da un approccio finemente analitico. L’intersezione, inoltre, dei vari strumenti, auspicabile anche e soprattutto per una questione di budget (ricordiamo che il fine del metodo Inbound è quello di abbattere i costi di acquisizione), non è pensabile senza un processo analitico continuo.
L’approccio data driven è il web marketing moderno ed è l’unica strada percorribile per iniziare a parlare di performance.
Certo, questa visione orientata al numero, ha inserito nella cassetta degli strumenti del web marketer anche una certa dose di ansia ma, al tempo stesso, ha dotato questa materia di struttura e solidità. Finalmente ci stiamo liberando dell’ossessione dei like e dei clic e stiamo ridando dignità al dato che permette di costruire e potenziare un business.
Quindi, rispondendo al quesito posto nel titolo di questo articolo, il valore della web analytics all’interno di un progetto di web marketing è massimo, non è possibile fare marketing sul web senza questa componente e tutto il resto è fuffa.
If you can’t measure it, you can’t improve it
Questa massima oggi dev’essere un mantra da cui è impossibile liberarsi.