I temi emergenti del marketing management in una nuova era guidata dalla digital transformation e dall’innovazione: la lezione di Philip Kotler per gli “Innovation Talks” a Bologna.
Philip Kotler a Bologna. Tradotto: il Signor Marketing sotto le Due Torri. È successo ieri nel corso del primo degli “Innovation Talks” organizzati da Bologna Business School. Tema caldo dell’incontro è stato “Emerging issues in marketing management”, ossia come affrontare le questioni emergenti del marketing management in una nuova era guidata dalla digital transformation e da una nuova visione di sostenibilità del business.
Come da tradizione le danze sono state aperte da Max Bergami, Dean di BBS, che ha introdotto alla platea un uomo che è già stato definito il quarto guru del marketing da parte del Financial Times (dopo Jack Welch, Bill Gates e Peter Drucker) e pioniere del marketing sociale.
Costruisci, misura, apprendi… e sii rapido a fallire
Kotler indossa benissimo i suoi anni e ha l’entusiasmo di un giovane imprenditore. Cita subito Edison, “Il genio è per l’1% ispirazione e per il 99% sudore“, mettendo i puntini sulle i: per innovare bisogna fare fatica. Citando il Lean Marketing di Eric Ries, Kotler spinge una formula per il successo: costruire, misurare e apprendere. Aggiungendo un “Sii rapido a fallire“, che ha strappato un sorriso a tutti.
Per Kotler in questo modo si evita di investire energie e denaro in qualcosa che non funziona. E dopo si ricomincia. Si migliora il tiro, si trova un canale di distribuzione efficace e si lavora fino a quando tutto sarà pronto per il lancio finale. Il “guru” cita la Searle, un’azienda che ha ben pensato di chiedere la sua consulenza dopo aver realizzato un betabloccante “migliore di un secondo” e cercando di infilarsi in un mercato già saturo (all’undicesimo posto). La sua risposta è stata chiara: “Fate altro”. Perché perdere tempo con un prodotto mediocre che non può portare vero valore aggiunto? Non penso che la Searle l’abbia presa subito bene, ma hanno migliorato in seguito.
Il marketing management? Questione di innovazione
Sarà che l’intervento è all’interno degli speech “Innovation Talks” o sarà che tutti la cercano, ma Philip Kotler torna spesso sull’argomento: l’innovazione. Cita due esempi lungimiranti di persone: Sir James Dyson, definito il nuovo Thomas Edison perché inventa cose nuove partendo da quelle normalissime. Ed Elon Musk, il “nuovo Henry Ford” (per dire, è quello che ha realizzato Tesla, Solar Cit, Space X), un uomo che ha a cuore la sostenibilità energetica, fino a progettare una colonia su Marte per l’umanità.
Ma da soli è molto difficile innovare. Soprattutto se parliamo di marketing management. Cita anche la Shell Oil, nella quale 4 delle 5 grandi idee che hanno spinto la società a diventare leader di mercato sono nate insieme ai propri dipendenti. È proprio per questo che Kotler propone un sistema per innovare, individuando le sei figure chiave che devono essere presenti in un’azienda affinché possa definirsi tale, una “realtà innovatrice”.
Innovazione in azienda: i sei ruoli di cui c’è bisogno
Anche – e forse soprattutto – nel marketing management c’è bisogno di innovazione. E proprio per questo è applicabile il modello A-F di Philip Kotler, così riassumibile:
- (A) ACTIVATORS/ATTIVATORI: sono quelli che hanno idee tutti i giorni. Non importa che siano davvero praticabili, basta che esistano. La loro missione è avviare il processo.
- (B) BROWSERS/SELEZIONATORI: sono gli “analisti delle idee” e il loro compito non è quello di produrre qualcosa di nuovo, ma di fornire informazioni al gruppo di lavoro. Le idee fornite dagli attivatori sono valide? Esistono già? Possono esistere?
- (C) CREATORS/CREATORI: sono coloro che testano il concetto e che mettono in strada l’idea, cercando nuove soluzioni in tutte le parti del processo.
- (D) DEVELOPERS/SVILUPPATORI: gli sviluppatori, fondamentali per trasformare le idee in prodotti o servizi, dando forma a ciò che prima era solo nell’ “iperuranio”.
- (E) EXECUTORS/ESECUTORI: possiamo definirli “account” perché traghettano le nuove soluzioni nel mercato.
- (F) FACILITATORI/FINANZIATORI: chi è pronto a scommettere nel progetto e finanzia tutto il processo, facilitando l’avanzamento dei lavori.
C’è bisogno di un legame tra idee e marketing management
Philip Kotler non le manda a dire: un conto è avere una buona idea, l’altra è portarla nel “mass market” o che comunque raggiunga un certo tipo di target. Per questo motivo è necessario che ci sia una relazione tra chi ha un’idea e chi fa Marketing: i responsabili del Marketing sanno leggere il mercato e il loro compito è creare “rumore” per individuare le possibilità di business.
Secondo Kotler esistono tre tipologie di “buzz creators”:
- Mavens: sono gli esperti del settore, la gente si fida di loro;
- Connectors: coloro che collegano, che sanno a chi dirlo. Una sorta di PR, insomma;
- Salespeople: brutalmente possiamo definirli i “commerciali” che sanno individuare gli elementi che creano maggiore interesse per l’audience.
È interessante vedere che Kotler abbia parlato a più riprese di social media, ma non ha mai menzionato “influencer“. Mi sono chiesto se sia stato un messaggio implicito (magari per lui si dividono nei tre tipi di buzz creators) oppure se abbia considerato già superato il concetto di influencer marketing. Ma chi vivrà, vedrà.
Come costruire un forte brand?
Kotler conclude il suo speech parlando di branding. Si complimenta con gli italiani perché nel mercato del lusso e della moda rappresentano l’eccellenza. Volevo alzare la mano per parlare anche di motori oppure di Food & Beverage, ma non volevo mettermi a discutere. Becchiamoci questi complimenti e andiamo avanti. Per Kotler però un brand dev’essere più di un nome, uno slogan e un logo, bensì:
- un brand deve “innescare” associazioni (con caratteristiche e benefit delineati);
- deve scegliere un processo (tipo McDonald’s o Amazon);
- un grande brand deve suscitare emozioni (tipo Harley-Davidson);
- deve rappresentare una promessa di valore (esempio Sony);
- … ma i migliori brand builders sono gli stessi impiegati e le “operazioni”: sono le performance a guidare lo sviluppo del brand, non le comunicazioni del marketing.
La costruzione del brand è come una piramide. Dal basso verso l’alto abbiamo PRESENZA, RILEVANZA, PRESTAZIONE, VANTAGGIO e LEGAME. Quando l’azienda riesce così a creare la connessione con il suo target “il gioco è fatto”. È ciò che Kotler definisce “Narrative Branding“, che possiamo decifrare come “nuovo storytelling“: bisogna raccontare e coinvolgere tenendo in grande considerazioni misurazioni, effetti ed emozione.