È ora di ripensare all’advertising online? Forse sì, soprattutto se parliamo di social media. Dati alla mano, vediamo cosa sta succedendo e come realizzare campagne efficaci.
L’advertising sui social media non se la sta passando benissimo. Non fraintendere, sponsorizzare pagine, eventi, contenuti o in generale dare spinta al branding e all’awareness rimangono attività che ben si sposano con il social ads. Il problema sta nell’acquistare direttamente dalle piattaforme social. Ecco, quello sì che è un bel nodo da sbrigliare per i publisher di tutto il mondo.
Facciamo però un passo indietro, in modo da dare innanzitutto un supporto statistico a quest’analisi.
Advertising online: un utente su due non compra mai?
Ad agosto 2017 CivicScience ha scattato una foto alle abitudini d’acquisto online degli utenti statunitensi (tradizionalmente più propensi all’innovazione in questo senso). Una foto decisamente impietosa per chi da anni si sbraccia agitando previsioni di alti tassi di purchase conversion via social. A parte uno sconvolgente 35% di utenti non frequentatori di social (il campione raccoglie 2.000 utenti internet sopra i 13 anni), il dato che fa più riflettere è
il 45% di social user che non ha mai acquistato nulla dei prodotti reclamizzati sulle piattaforme.
Solo il 16% ha acquistato prodotti sponsorizzati su Facebook, il 4% su Instagram e addirittura l’1% su Snapchat.
Altra ricerca, sempre statunitense ma presentata da CPC Strategy, parla di un 25% di utenti che ha chiuso un acquisto cominciato via sponsorizzazione su Facebook.
e-Commerce e Social più vivi che mai
Se i dati 2017 di WeAreSocial+Hootsuite raccontavano che “più di una persona su cinque della popolazione mondiale ha effettuato almeno un acquisto online negli ultimi 30 giorni”, è chiaro che siamo di fronte a una spaccatura ancora piuttosto ampia tra abitudini di navigazione. L’e-Commerce è più vivo che mai (+20% in Italia nel 2017, dati Netcomm), così come la fruizione dei social media (il 52% della popolazione italiana accede, mensilmente, a piattaforme social, rispetto a una media globale del 37%). Ecco ora basta solo capire come unire questi due mondi.
Ma forse la domanda che bisogna porsi è: dobbiamo davvero unire questi due mondi?
Chi acquista online vuole comprare “tempo”!
Chi acquista online vuole innanzitutto comprare tempo, ottimizzando al contempo costi, logistica e stress. Chi frequenta i social spesso non ha un vero obiettivo di navigazione e come sappiamo il tempo lì non lo si compra, al massimo se ne perde la cognizione. [“Fammi trovare al volo su YouTube una ricetta per cena […] Toh sono le 4 di mattina di tre giorni dopo forse è meglio andare a letto”].
I tempi sui social sono prevalentemente di svago, non di impegno economico. Immettersi nella timeline di un utente con proposte di advertising hard-selling non rende il publisher molto diverso da un venditore ambulante che insiste per venderti un accendino a forma di water mentre a cena col partner stai discutendo dei vostri più inconfessabili segreti.
Diverso è se il venditore ambulante ti aspetta astuto fuori dal portico in una giornata piovosa con un ombrello venduto alle sue condizioni. Ecco lì la congiunzione di tempo+bene necessario+sono un pirla che non ho guardato il meteo+real time marketing rende l’offerta vincente.
Advertising: attenzione al social retargeting
Cosa imparare quindi da chi ci vende gli ombrelli mentre fuori piove? Che comprendere le necessità e formulare un’offerta compatibile nei modi e nei tempi è la chiave per la conversione nell’advertising.
Pensa ad esempio allo strumento Custom Audience di Facebook per targetizzare nel dettaglio gli utenti, alle Dynamic ad e ai pixel di monitoraggio fino alle più recenti Facebook Ads Collections: non partono dal presupposto tutto above-the-line di “sparo sul mucchio, speriamo in un ritorno del 20%”. Ma ascoltano, tracciano, seguono e poi propongono il giusto messaggio al target corretto. Ecco lì sì che i tassi di conversione d’acquisto subiscono il giusto picco. It’s social retargeting baby, e non lo si può più ignorare.
Social ads, come farlo nel modo giusto
Per tornare quindi alla domanda da cui si era partiti, se sia giusto o meno unire questi mondi, la risposta è: sì, ma strutturando un’offerta più complessa de “sponsorizzo a tutti gli utenti di una certa area e fascia demografica il mio prodotto”. Creare il giusto funnel di conversione alimenta fidelizzazione al brand e rende l’utente più soddisfatto della propria esperienza di navigazione e acquisto. Con buona pace dei vecchi indici come il GRP televisivo. E di tua nonna che ritaglia i buoni sconto del 10% dai quotidiani generalisti.
Happy shopping mates!